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Esattamente dieci anni fa, nel 2006, esce con una prestigiosa etichetta discografica, l’album Things a nome Paolo Fresu e Uri Caine, dopo che i due suonano parecchie volte insieme in duo nel corso del nuovo Millennio: la tromba del sardo e il pianoforte del newyorkese s’incrociano lungo gli eterogenei percorsi di evergreen, original, brani di varia provenienza stilistica che non elude nemmeno le grandi tradizione classiche e popolari. Tre anni dopo Fresu e Caine, visti anche i positivissimi riscontri di pubblico e critica in merito all’album, ripetono l’esperimento con Think (Blue Note), che fin dal titolo, riprende il discorso, evidenziando ulteriormente le possibili combinazioni tra l’eleganza e l’intimismo del trombettista e l’estro imprevedibile del piano player.

Si sa che l’incontro tra due geni musicali o anche più semplicemente tra due importanti jazzisti è sempre qualcosa di imprevisto, rischioso, indecifrabile. E non tutte le ciambelle escono con il buco: purtroppo succede addirittura ad esempio a Louis Armstrong e Duke Ellington, quando nel 1961, gli allora maggiori jazzmen della storia si incontrano per la prima volta in un’unica session per un paio di dischi: ne uscirono album più che dignitosi, ma non capolavoro assoluto, perché non basta associare due sommi talenti per ottenere un risultato straordinario.

Per fortuna o piuttosto grazie a un progetto molto ragionato, accadono pure i miracoli, come nel caso appunto di Fresu e Caine, anche loro, come Armstrong ed Ellington, rispettivamente alla tromba e al pianoforte: anche loro non solo importanti jazzisti, ma autentici geni musicali, per quanto, al momento, forse non ancora confrontabili con l’eccezionalità di Satchmo o del Duca, Paolo e Uri restano comunque fondamentali innovatori nel recente panorama jazzistico; tuttavia nel secondo Think del 2009 i due preferiscono affidarsi alle tradizioni consolidate, con Fresu a ribadire un raffinato sognante estetismo e con Caine che invece partecipa brillantemente alle soluzioni eclettiche e variabilissime.

Per Think di fatto si tratta di un dialogo a due fra tromba (e flicorno, elettronica) da un lato e pianoforte (e fender rhodes) dall’altro, con l’aggiunta dell’Alborada String Quartet (due violini, viola, violoncello) a fare quasi da terzo interlocutore e comunque parte attiva di un progetto efficace, anche se multiforme. In concreto Fresu e Caine improvvisano da par loro anzitutto su brani originali, alternando Duru Duru Durulìa, Tema Celeste, Centochiodi di Paolo, a Blood Money, In Memoriam, Claws, Cowboys And Indians di Uri. Poi inseriscono di proposito brani eterogenei: un jazz standard (Doxy di Sonny Rollins), un song americano (Darn That Dream di Van Heusen), due pezzi del jazzman olandese Diederik Wissels (The Way Forward e Ossi), persino il barocco (Lascia ch’io pianga di Haendel) e l’operetta (Non ti scordar di me), mentre la title track è un’improvvisazione collettiva.

Resta infine un sound pacato d’atmosfera che, nella sua morbida tranquillità, quasi tutta su tempi medi, mette ancor più in evidenza il reciproco sofisticato lirismo dei leaders e dell’intera operazione. Come in Things, anche in Think, fra talento e sensibilità, si ascoltano il timbro suadente di Fresu che ricerca il perfetto complemento nel pianismo di un Caine in grado di fornire un groove assai stimolante ogni qual volta il fiato diventa solista esclusivo: insomma entrambi si chiamano a vicenda a sostenere la musica in solitudine dell’uno e dell’altro.

In attesa del terzo imminente e annunciatissimo album (registrato nei mesi scorsi in Germania), ecco il Viotti d’Oro 2016, un premio che gratifica il valore di entrambi e che giunge a trent’anni esatti dalle ultime onorificenze vercellesi conferite a due autentici jazzisti (Gerry Mulligan 1984 e Dizzy Gillespie 1986); un po’ come l’Accademia svedese con il Nobel per la Letteratura 2016 a Bob Dylan, anche la Società del Quartetto, a modo suo, intende premiare una realtà in controtendenza, ormai ‘classica’ come il jazz, benché ancora vivissima nell’attuale panorama artistico internazionale. Del resto Paolo Fresu e Uri Caine, insieme, risultano creatori di un jazz cameristico che, in qualità espressiva, forse non ha pari nell’attuale universo musicale.

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