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Temo di essere l’esatto contrario di un bibliofilo: tratto male i libri, li perdo, ci scrivo sopra, li uso come sottobicchiere, ma soprattutto li presto senza curarmi di chiederli indietro e li regalo spesso e volentieri. Queste ultime due cose naturalmente riguardano solo i libri belli, quelli brutti rimangono lì, con il paradossale risultato che la mia casa è stipata di libri brutti, ma si fa molta fatica a trovare un bel libro. Nel corso degli anni credo di aver regalato venticinque o trenta copie de Il medico di corte di P. O. Enquist, spesso ho voglia di rileggerne qualche pagine, allora me lo ricompro, ma poi torno a regalarlo, quindi in casa non ce l’ho mai. Lo stesso vale per Vita standard di un venditore provvisorio di collant di Aldo Busi e per qualsiasi altro libro importante della mia vita.

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Una curiosità, che è una variazione sul tema del brutto anatroccolo: le librerie marroni sono delle banali ivar dell’ikea a cui un’amica architetta, Barbara Narici, ha dato nuova vita con un rivestimento in terra cruda.

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