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La ritmica del pianista Brad Mehldau con un nuovo grande sassofonista afroamericano: questa in sintesi la definizione di Fly, trio composto nel 2012 appunto da Mark Turner al sax tenore, Larry Grenadier al contrabbasso e Jeff Ballard alla batteria, tre indiscusse personalità jazzistiche per animare un sound corposo e delicato, romantico e agguerrito al tempo stesso. Per il super terzetto è il terzo titolo discografico dopo Fly (Savoy Jazz, 2004) e Sky & Country (ECM 2009), e per il sassofonista ancora il terzo appuntamento con l’etichetta bavarese, avendo fatto parte del gruppo di Enrico Rava per New Yord Days (2009). La discografia di Turner, come del resto quella di Grenadier e Ballard (più comprensibile, trattandosi di sezione ritmica) è davvero copiosa dall’esordio del 1993 come leader appena ventottenne (Yam Yam, 1995) fino alle esperienze recenti con l’SF Jazz Collective (Music of Stevie Wonder, 2011); in mezzo ci sono anche i cinque dischi Warner (tra cui il felicissimo In This Words, 1998), ma è la condivisione di Fly a far crescere l’uomo e l’artista, spingendosi in una ricerca sul sax che quasi per paradosso riprende sia Lee Konitz sia John Coltrane, passando, ovviamente, per gli esperimenti n trio di Sonny Rollins che datano 1956 e ’57. Dunque anche in questo Year Of The Snake (ECM) è confermato il mood dei due precedenti con un lavoro al contempo frizzante e introspettivo grazie a una genuina dialettica a spaziare tra modelli di misurata fantasiosa libertà dentro un substrato sostanzialmente cool e post-free che fa da sfondo a intriganti composizioni congeniali alla misura del progetto. La formula pianoless inquadra perciò il trio in un imprevedibile jazz cameristico e in un flusso arguto originale di interscambi sviluppati in perfetta continuità con il corso dei vari temi, che via via rispondono ai nomi di Festival Tune, Brothersister, Diorite, Kingston, Salt and Pepper, Benj, Year of the Snake e i cinque movimenti scaglionati di The Western Lands.