
di Mariolina Bertini
Arriva in libreria, in Francia, un volume molto attraente per i cultori della Recherche: Marcel Proust, Les soixante-quinze feuillets et autres manuscrits inédits, Édition établie par Nathalie Mauriac Dyer, Préface de Jean-Yves Tadié, Gallimard, 2021, pp. 380.
La curatrice, che lo ha corredato dei più esaurienti apparati critici, è la pronipote del fratello chirurgo di Proust, Robert. I 75 Fogli, che danno il titolo al volume e ne rappresentano la parte più corposa, risalgono al 1908; è proprio la data che li rende particolarmente interessanti. Perché si conoscevano sinora una settantina di quaderni di abbozzi della Ricerca, quaderni di cui l’edizione curata da Jean-Yves Tadié per la Bibliothèque de la Pléiade ha riprodotto amplissimi stralci; ma la loro stesura non era anteriore alla primavera del 1909. Dunque i 75 fogli del 1908 sono l’Ur-Recherche; il primo nucleo originario del romanzo a venire. Nelle loro pagine cominciano a prendere forma non certo tutti i temi e i personaggi della Ricerca, ma quelli più antichi: la scena del bacio della buona notte rifiutato, il carattere originale e battagliero della nonna del narratore, i paesaggi dei dintorni di Combray (che non ha ancora trovato il suo nome), la futura Balbec con il suo Grand Hôtel e le jeunes filles en fleurs, il fascino delle antiche famiglie aristocratiche, l’incanto di Venezia dove “on habite la mer”, “si abita il mare”. Sono pagine imperfette e frammentarie; contengono spunti che verranno abbandonati e altri che verranno sviluppati instancabilmente nei Cahiers, sino a diventare tutt’altra cosa. Non reggono, esteticamente, il confronto con il romanzo il cui primo volume uscirà nel 1913; ma per il lettore appassionato della Ricerca sono incredibilmente commoventi, un po’ come lo sono agli occhi di un innamorato le foto d’infanzia – magari sfocate o ingiallite – del suo oggetto d’amore.
Perché sinora questi 75 fogli non erano stati né studiati dagli specialisti di Proust né pubblicati? Perché se ne era persa ogni traccia intorno al 1962 e sono tornati in circolazione soltanto nel 2018. Su questo piccolo giallo, Nathalie Mauriac Dyer resta elegantemente evasiva, limitandosi a dire che i preziosi Feuillets erano nell’archivio privato di Bernard de Fallois e sono stati ritrovati dopo la sua morte, avvenuta nel 2018. Ma perché Bernard de Fallois – primo curatore, negli anni ’50, di Jean Santeuil e del Contre Sainte-Beuve – aveva tenuto per sé questo importantissimo documento della genesi della Recherche, lasciando credere che fosse andato perduto? Tenterò in proposito una ricostruzione ipotetica, nella quale restano parecchie zone d’ombra.
Bernard de Fallois è la figura chiave di questa vicenda. Nel 1949 è un insegnante di liceo di ventitré anni. Vorrebbe mettere in cantiere una tesi di dottorato sull’opera di Proust, ma nella Sorbona del tempo nessun docente è disponibile e finirà per rinunciare al progetto. Proprio quell’anno, esce però la biografia di Proust scritta da André Maurois, À la recherche de Marcel Proust, che cita i Cahiers e i Carnets manoscritti lasciati dal romanziere e conservati dai suoi eredi. Desideroso di aver accesso a quei documenti, Fallois si rivolge a Maurois. Maurois lo presenta a Suzy Mante Proust, la figlia di Robert Proust. Colpita dall’entusiasmo e dalla competenza del giovane studioso, Madame Mante Proust lo incarica di mettere ordine nel suo archivio. Una parte dei manoscritti – quelli utilizzati per mettere a punto i volumi postumi della Ricerca – erano già stati ordinati da Robert Proust. Ma c’era dell’altro, come ha raccontato lo stesso Fallois in un’intervista del 2013 a Nathalie Mauriac Dyer:
“Fu l’inizio di un lavoro di alcuni anni, che per me furono anni di felicità. Se i “Cahiers” preparatori della Recherche erano ben classificati, c’erano invece, nella soffitta della bella casa di rue Dehodencq, in un baule, lettere, ritagli di giornali, fatture, partecipazioni, abbozzi d’ogni genere, frammenti de I Piaceri e i giorni, spesso strappati, che formavano un insieme alquanto disparato. Tuttavia, man mano che leggevo, ero colpito dall’apparizione di numerosi brani che avevano in comune la presenza di un personaggio chiamato Jean o Jean Santeuil. Formavano indiscutibilmente un tutto, una sorta di romanzo autobiografico… un enorme dossier di quasi mille pagine.”
Con pazienza e abilità, Bernard de Fallois ricostruisce il primo romanzo di Proust, di cui nessuno allora conosceva l’esistenza; un’opera intrapresa nel 1895 e abbandonata intorno al 1900. Nel 1952, Jean Santeuil esce in tre volumi da Gallimard; è un’autentica rivelazione. Si scopre al suo apparire che, a differenza del narratore della Ricerca, Proust in giovinezza ha scritto tantissimo: il romanzo ricostituito da Bernard de Fallois ne è la prova, e la sua pubblicazione segna un ritorno d’interesse del pubblico e della critica che si protrarrà nei decenni successivi.

Da un baule conservato in soffitta era uscito Jean Santeuil. Dai Cahiers Bernard de Fallois, con un nuovo gioco di prestigio, fa saltar fuori un’altra opera inedita: il Contre Sainte-Beuve. È un’opera ibrida e inclassificabile. Proust, nel 1909, aveva cominciato la stesura di un saggio per confutare il metodo biografico del critico Sainte-Beuve. Ma a un certo punto aveva rinunciato alla forma saggistica; il suo discorso sul metodo di Sainte-Beuve e sulla letteratura aveva assunto la forma di un dialogo. L’interlocutrice del dialogo era sua madre, scomparsa quattro anni prima. L’evocazione della figura materna portava con sé un flusso di ricordi, che a loro volta sfociavano in un vero proprio racconto: dalle pagine del saggio contro Sainte-Beuve, abbandonato dopo qualche mese, era nata la Ricerca, anche se avrebbe impiegato ancora molti anni ad assumere la fisionomia che noi conosciamo.
È nella prefazione di Bernard de Fallois al Contre Sainte- Beuve che fanno la loro prima apparizione i famosi 75 Fogli. Grazie a un appunto di Proust sulla sua agenda del 1908, Fallois capisce immediatamente che sono precedenti al saggio su Sainte-Beuve, scritto su fogli analoghi. Li descrive in questi termini:
“Il primo gruppo [di manoscritti ] è formato da settantacinque fogli, di formato molto grande, e comprende sei episodi, che saranno tutti ripresi nella Ricerca: si tratta della descrizione di Venezia, del soggiorno a Balbec, dell’incontro con le fanciulle, del bacio della buonanotte a Combray, della poesia dei nomi e dei due côtés. Dopo Jean Santeuil, è la più antica versione della Recherche. Guermantes qui si chiama Villebon. Swann non esiste: il suo ruolo è suddiviso tra lo zio del narratore e, per le serate di Combray, un certo M. de Bretteville. Due ragazzine sono l’abbozzo delle fanciulle in fiore. Balbec, infine, non ha ancora nome.”
Questa descrizione dei 75 Fogli non è esaustiva. Lascia fuori uno degli episodi più belli, quello in cui il fratellino minore di Marcel, Robert, rifiuta di separarsi da un capretto che è stato, durante le vacanze in campagna, il suo compagno di giochi. Ma quell’episodio Fallois lo trascrive e lo inserisce nel suo Contre Sainte-Beuve; gli riserva dunque un trattamento diverso dal resto dei 75 Fogli e per questo probabilmente non lo cita in questa sommaria descrizione di quel corpus manoscritto.
La data del 1954 è una data estremamente importante: è l’anno in cui esce il Contre Sainte-Beuve curato da Fallois, ma anche l’anno in cui, sempre da Gallimard, nella Bibliothèque de la Pléiade, esce una nuova edizione della Ricerca ad opera di Pierre Clarac e di André Ferré. È un’edizione accolta molto favorevolmente, perché corregge gli innumerevoli errori di stampa di quelle precedenti. Ed è anche un’edizione messa a punto con una cura filologica che, per contrasto, fa risaltare l’estrema disinvoltura con cui maneggia e presenta i testi Bernard de Fallois. Ogni intervento dei curatori della Pléiade è motivato esplicitamente; le note e le varianti dei volumi postumi rimandano a tutti gli stati del testo allora conosciuti. Clarac e Ferré si sforzano di render conto al pubblico di ogni fase del loro lavoro e di dar prova del massimo rigore filologico. Il loro modo di procedere è antitetico a quello di Bernard de Fallois. Fallois opera sui testi correzioni e montaggi di cui non rende conto a nessuno; assicura la leggibilità delle pagine più tormentate sopprimendo cancellature e frasi incomplete; si affida alla propria intuizione, al proprio fiuto, al proprio genio. Senza un intuito eccezionale, come avrebbe potuto trasformare in opere non soltanto leggibili, ma straordinariamente accattivanti, i capitoli frammentari del Jean Santeuil e gli informi abbozzi del Contre Sainte-Beuve? Ha compiuto miracoli; ma negli anni sessanta e settanta, i suoi miracoli saranno considerati con crescente sospetto, perché ottenuti senza l’applicazione di un metodo scientifico, di criteri espliciti, condivisibili e trasparenti.
Il vero tramonto della stella di Fallois, nel mondo dei proustiani, comincia, mi pare, nel 1962. È l’anno in cui Suzy Mante Proust vende alla Bibliothèque Nationale de France tutti i manoscritti in suo possesso. Quei quaderni, quelle agende, quei fogli volanti che Fallois conosceva meglio di chiunque altro, non sono più affidati a lui; non sono più la sua miniera privata, la sua personale Wunderkammer da cui ha tratto due volumi – Jean Santeuil e Contre Sainte-Beuve – che hanno avuto fortuna nel mondo intero. In quello stesso anno 1962, Bernard de Fallois lascia l’insegnamento e comincia, presso il gruppo Hachette, una fortunatissima carriera nel campo editoriale. Avrà ancora qualche occasione di occuparsi di Proust – promuoverà l’edizione della Recherche nei Livres de poche, scriverà delle succinte introduzioni per un Club del Libro –, ma prenderà evidentemente le distanze dalla comunità degli studiosi della Recherche, e quella comunità a sua volta prenderà le distanze dal suo modo di lavorare troppo poco “scientifico”. Quando nel 1971 Gallimard festeggia il centenario della nascita di Proust pubblicando nella Pléiade Jean Santeuil e il Contre Sainte-Beuve, non utilizza le edizioni di Fallois, ma affida la messa a punto del testo a Pierre Clarac, confidando che l’anziano studioso (era nato nel 1894) proceda più scientificamente del suo predecessore. Clarac in effetti fornisce un’edizione filologicamente impeccabile del Contre Sainte-Beuve. Ma rifiuta di accettare l’intuizione di Fallois, secondo la quale la versione dialogata del Contre Sainte-Beuve si è gradualmente trasformata in romanzo. Nei decenni successivi, gli studi sulla genesi della Recherche dimostrerannno che, tra Fallois e Clarac, era piuttosto il primo ad aver capito la natura composita e instabile del Contre Sainte-Beuve, opera destinata a scomparire nelle fondamenta della nascente Recherche.
Nel seguire questa vicenda, abbiamo perso di vista quei famosi 75 fogli del 1908. Ma non li abbiamo mica persi di vista soltanto noi. Dal 1962, tutti li perdono di vista; spariscono nel nulla. Tra i manoscritti venduti da Madame Mante Proust alla Bibliothèque Nationale, non ci sono. Biografi e studiosi, che ne hanno letto la descrizione nella prefazione del Contre Sainte-Beuve, ne lamentano la scomparsa per decenni; a tutti è chiaro che sarebbero “l’anello mancante” tra Jean Santeuil e le parti narrative del Contre Sainte-Beuve, ma nessuno, dopo Bernard de Fallois, ha mai avuto l’occasione di prenderli in mano.

Nel 2018 Bernard de Fallois, che nel 1987 ha fondato una propria casa editrice di successo, muore, all’età di novantadue anni. I suoi eredi contattano la Bibliothèque Nationale: Fallois li ha incaricati di consegnare ai bibliotecari un gruppo di manoscritti di Proust rimasti da decenni nel suo archivio personale. Una cartellina bordeaux raccoglie l’insieme più corposo: sono i famosi 75 fogli del 1908, che tornano alla luce con gran sorpresa di tutti. In fondo il loro destino non è stato molto diverso da quello della “lettera rubata” nel racconto di Poe: visti e studiati soltanto da Bernard de Fallois, erano rimasti semplicemente nel suo archivio, il luogo dove sarebbe stato più ovvio andarli a cercare.
Ma perché Fallois li aveva tenuti per sé con tanta rigorosa segretezza? Forse perché erano la più preziosa reliquia dei suoi anni felici, quelli in cui poco più che ventenne era stato lo scopritore di due opere fondamentali? Oppure per una ironica vendetta nei confronti del mondo dei proustiani “scientifici” e accademici, la cui ricostruzione della genesi della Recherche, senza quei preziosi fogli, era destinata a rimanere lacunosa e insoddisfacente?
Impossibile dirlo, ora che Fallois ha raggiunto Marcel Proust nei Campi Elisi degli spiriti eletti. Possiamo soltanto rallegrarci della splendida edizione in cui i 75 Feuillets sono oggi divenuti accessibili a tutti. E leggerli con la stessa emozione con cui li lesse, nei lontani anni cinquanta del novecento, quel giovane professore per cui le origini della Recherche non avevano segreti.